venerdì 31 ottobre 2014

Cosa sono i miei morti?

Lo dico sempre, se dovessi immaginare uno stemma nobiliare per un casato che da me prende genesi, immaginerei che in uno dei quarti fosse presente qualcosa che ricordasse l'ospedale, la sofferenza o la morte. Non ci sarebbe nulla di male se finanche i Gesuiti nella loro iconografia hanno sempre presenti teschi o simboli che ricordano la morte. 
E dire che ciò non ha mai influito più di tanto sulla mia proverbiale ironia. Ho da piccolissimo dovuto fare i conti con la presenza della morte tra la gente a me cara ed ho dovuto conoscere subito cosa significasse essere orfano, cosa significasse l'assenza vissuta come la improvvisa mancanza e sono cresciuto subito se è vero come diceva quel saggio che "si cresce soltanto quando si diventa padre o quando si perde un padre". 
E' stato così che in un mondo di "culetti d'oro", di "figli di", io mi sono ritrovato ad essere "figlio e padre di me stesso" e da subito ho perso le lacrime o la capacità di piangere, quale corazza per proteggermi dal dolore mio ed altrui. 
Paradossalmente davanti al dolore altrui ho dato sempre la sensazione di distacco, non spendendo parole inutili, riti di facciata ma ho sofferto internamente in silenzio rivivendo i miei dolori, forte apparentemente per dare sostegno ai deboli. 
Così crescendo ho imparato a convivere con la presenza della signora in nero accanto, sentendone quasi i brividi, percependo per tempo gli esiti dei suoi corteggiamenti sulla gente che mi stava attorno, non potendo fare altro che soffrire internamente, con un grande dolore al centro dello stomaco ma senza lacrime.
Ho perso amici prematuramente, ho perso riferimenti e non me ne sono dato mai pace ed ho imparato a non legarmi troppo al mio prossimo per non doverne soffrire tanto per la loro assenza.
Ecco, esorcizzo la vita con l'ironia, per chi è in grado di capirla e prego per i defunti, le anime del purgatorio, più di una volta al giorno, insieme ad un Padre Nostro e a un'Ave Maria e perchè no, un Gloria per tutti i bimbi che non hanno avuto fortuna il tutto anche se da anni non metto più piede in una chiesa. 
Questi sono per me i defunti, sempre presenti, uno per uno e a loro ho dedicato i miei successi per il supporto ricevuto. Ricordo ancora il giorno della proclamazione della mia laurea, quando sparendo prima della festa corsi al cimitero di S. Orsola per distribuire una rosa ciascuno alle numerose tombe di una confraternita da me viste sempre spoglie. 
Ecco volevo ricordare i defunti come faccio sempre, prendendo consapevolezza di essere non soltanto polvere, ma di essere un individuo così debole dal non poter far nulla quando la mia vita offertami in comodato d'uso, mi verrà richiesta indietro e sarò contento di ritrovarli tutti, anche quelli che conoscevo solo di vista e non so cosa sarà o come si chiamerà, ma sarà certamente qualcosa di bello e regnerà il sorriso, anche grazie alle mie battute ..... ma fin da adesso sono soddisfatto da "figlio padre di me stesso" che quello che è stato fatto è stato parecchio. 
A tutti una buona commemorazione dei nostri defunti.

venerdì 24 ottobre 2014

Quando finirà l'epoca dei proclami?

Il mantello che rende "invisibili"!
Da molto, basta mettersi il mantello "dell'anti mafia", il mantello della "non violenza", il mantella "della difesa delle unioni gay" e di tante roboanti battaglie sociali per fare dimenticare alla collettività la propria storia o per distrarre la gente da altre "porcate"!
Ci sono battaglie e convinzioni che appartengono al ns. DNA e non possono essere frutto di folgorazioni sella "via di Damasco". In una società provinciale come la nostra la gente sa vita morte e miracoli nostri e della nostra genesi.
Ecco perchè non credo in "club" che vuole mettere soggetti a difesa dei principi di base.
Ecco perchè mi sembrano scontati i "codici deontologici" ed i manifesti che mi impongono di certficare il non essere qualcosa che non posso essere per genesi e tradizione familiare.
Lavoriamo e confrontiamoci realmente e non a proclami con la difesa dei nostri principi nel quotidiano a partire dai nostri posti di lavoro, scopriremo così la naturalezza tra tutte le difficoltà di fare antimafia, anti semitismo, antiomofobismo, e tanti altri "anti ...." realisticamente e non accademicamente .... basta mettersi la coccarda del "più bravo" nella speranza di rifarsi verginità o di aquisire visione e credibilità. Il marciapiede non è "la cattedra" ....

sabato 11 ottobre 2014

Il pallore del successo


Quando eravamo "giovani" noi, eravamo messi in coda per entrare nelle "stanze dei bottoni", adesso è vero, capita più spesso di vedere "giovani" nei posti contano. Ma se guardiamo con attenzione attraverso la luce che illumina questi giovani, scopriamo che nello sfondo nero, c'è sempre un uomo nero, vestito tutto di nero e con il volto coperto che li manovra come marionette.

Risultato, sono i "vecchi", sempre "più vecchi" che da dietro reggono il filo in questo modo augurandosi "l'eternità"!
Dice bene il regista Veronesi, questo non è un paese per giovani. Il nostro è un paese vecchio dove non si ha il coraggio di fare le rivoluzioni generazionali perchè i giovani non si coalizzano tra di loro, ma cedono alle lusinghe degli anziani che gli lanciano un osso. Così come cuccioli contenti di aver ricevuto la propria cena attraverso quell'osso, dimenticano che chi glielo ha lanciato si è già mangiato l'intero maiale e va in cerca del successivo, dandoti l'impressione che il massimo a cui tu puoi ambire è un osso.
Povera gioventù di successo pallida.

mercoledì 1 ottobre 2014

Sono un pò stancuccio ......

"Caro Diego, vediamoci al Tribeca"
Francesco Massaro “Il sindaco di ieri e quello di oggi. Due città a confronto per scoprire che nulla è cambiato. E che il bluff è ormai svelato”

http://www.dipalermo.it/2014/10/01/caro-diego-vediamoci-al-tribeca/

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